Bisognerebbe fare scorta…
Ma di cosa vi starete chiedendo.
Attendete cari amici. Del resto, oramai conoscete il mio stile pieno di contraddizioni e per tale motivo dai più apprezzato…
Eh già, perché forse dentro ognuno di noi si combatte, a fasi alterne, fra racconti domestici ed edificanti versus arti ambigue e fantastiche. Ed in questa lotta che a lungo andare diviene sempre più leit motiv, alcuni si autoconvincono che tutto il male gli sia attorno e tutto il bene dentro; taluni altri, invece, si concentrano e dedicano le loro vite a quelle significative invarianze a mo’ di Santo Graal, in attesa del nulla in una sorta di indigenza atavica.
Ma ciò che è bello è che, messi di fronte su un terreno di gioco, non vincano né gli uni né gli altri: occorre altro!
Serve lanciare in aria il guanto di sfida restando di tendenza a dispetto di ogni parere altrui.
Per render possibili realtà difficili (quasi) per chiunque c’è bisogno di qualcosa di estremamente più lampante quantunque di più immediato: un impasto di arte e contraddizioni, per l’appunto, che sappiano calamitare su di se ogni temporale.
Genio, sregolatezza, incoscienza, errori anche; e qualcuno da pagare semmai a caro prezzo. Un’autentica polverizzazione non dissipativa sotto un lucernario lercio dissoltosi in fretta e svelatosi appunto nelle sue spoglie spettrali. Il tutto convogliato nello spazio vuoto, nel contrasto struggente fra agonia di questo presente e vitale pienezza del recente passato. Un vizio, un inquietudine, di chi il destino se l’è spesso giocato a dadi perché succube del proprio magnetismo voluttuario che spesse volte si è imbattuto in collassi terremotanti nell’oblio.
Ma qual è dunque il quovadis odierno?
La sintesi di quanto finora argomentato sta nel modo in cui l’ambizione sappia sedimentarsi nel patrimonio genetico in attesa dell’anabatico e violento segnale di svolta: quell’immensa ondata di speranza che si proietta nell’illusione e vince sulla dura risacca dell’avarizia nel momento in cui essa vira nella ferocia.
Eccolo il poco che è tanto ed il tanto che è poco…
E quando riavvolgendo con più calma il nastro, ci si accorge dei dettagli, ecco che emerga che varcato il confine che separa la condizione dello spettatore dalla sensazione di essere bersaglio, si scorga soltanto una polvere che sa di rovina: un deserto che pur tuttavia può essere matato (forse solo) con i mezzi abbacinanti dell’affabulazione seduttiva.
Un’unica avvertenza: mai approcciarsi da convalescenti verso chi in faccia abbia scritto ricaduta. Meglio, virare e mettere le risposte davanti alle domande in una sorta di apotropaico andare oltre tutti gli idealismi e realismi…