la città del desiderio (era un’altra)

Quella sera una pioggia incessante cadeva su Anversa portandosi via tanti sogni che erano stati accuditi per anni. Eppure stando alle guide turistiche e non solo, la città del desiderio era un’altra. Iniziava per A ma si trovava nella limitrofa Olanda. Qui invece in pochi ci giungevano con sogni. Eppure anche alla radio l’ascolto era sintonizzato sui sogni…di rock’n’roll.

Gli occhi erano rossi più dei quartieri dell’altra città con la A. Stanchezza e non solo. Malinconia e delusione. A stento si riusciva a tenerli aperti.
La pioggia ininterrotta proseguiva a tintinnare a ritmo di un blues stanco più che di un rock e cadeva sulle auto in sosta (semi)selvaggia, sui tetti delle case, sui marciapiedi deserti delle strade del centro.
Apice e crollo, trionfo e tonfo: erano le uniche martellanti idee che affastellavano la mente.
Una scena dominata dalla desolazione stanca dopoché per giorni migliaia di pensieri avevano gareggiato nei suoi ragionamenti; pensieri che avrebbero tolto il sonno a qualsiasi persona.

Ma nel momento delle difficoltà escono le persone vere molto spesso in luoghi in apparenza anonimi ma al tempo stesso capaci di trasmettere la serenità all’ambiente. E quella era Anversa, quantomeno nel suo vissuto più intimo.
Sapeva, anzi sentiva, che ci sarebbe tornato da vincente anche se in quel momento il sapore amaro della sconfitta pervadeva i suoi gesti ancor prima dei pensieri.
In un angolo remoto della sua anima sapeva che sarebbe dovuto ripartire dalle uniche vere risorse sempre impareggiabili: la sua resilienza, i sorrisi dei familiari e degli amici veri; insomma quelle conoscenze più nobilitanti, quelle che ti fanno ricco al di là di schemi futili e parole inutili. Immerso in simili “distrazioni” lanciò per un attimo il proprio sguardo oltre l’ostacolo e scorse un cartellone pubblicitario che impersonificava la sbornia di parole che spesso provano ad allontanarti dal mondo reale. Per un (forse) buffo motivo si ricordò che agli albori del suo primo viaggio lavorativo in Belgio fu catturato da una storica ed iconica pubblicità italiana: o così o pomì…che adesso sembrava scandire le inesorabili tappe di quel viaggio in alto mare in balìa delle onde su una zattera insicura, un’imbarcazione solitaria nell’oceano dei dubbi.

Qualcuno di molto vicino aveva pensato troppo poco alle idee e molto, troppo, ai soldi, alimentando un’idrovora che si era mangiata tanti sogni che erano rimasti o solamente teorici o al massimo avevano mosso soltanto i primi passi, come quelli, fortemente incerti e bisognosi di sostegno di figli piccoli che spesso la vita camaleontica dell’oggi porta a goderti poco o nulla.
Mani sul volto si appoggiò allo sterzo dell’auto e tirò su un bel sospiro. Perché la sua mente, terribilmente sola, adesso non poteva fare a meno di soffermarsi su quelle basi fragili e fallaci, su quel mondo fasullo che sembrava si potesse mettere soltanto in discussione? Le ferite prodotte apparivano irreparabili o quasi. Ma in tanti, magari, avevano vissuto come Lui un simile momento: quello che un romanziere capace definirebbe molto meglio del sottoscritto come il

momento più basso della vicenda

Tuttavia, esiste una regola non scritta: l’obbligo imposto dalle tragedie, il dovere di continuare! E se è vero che l’abbuffata di allora gli aveva presentato il conto ora, è ancora più vivido e reale che agli occhi del mondo esterno, tutto, Lui non voleva apparire come il mecenate che aveva svuotato le casse per la propria mania di grandezza; Lui sentiva nel suo più profondo di essere uno venuto dal basso e voleva esser passeggero della stessa barca di sventura con profonda umiltà.

Sollevò quindi il capo dallo sterzo e si rimise in moto…

Partita a scacchi con avvocato VITA

Spaventato da alcuni rumori sordi nella notte e da un generale corri-corri nell’isolato prese anche lui di corsa la strada di un portone aperto e si rifugiò nel cortile. Il silenzio dominava la scena ma si accorse che in un angolo del quadrilatero di quella casa-di-ringhiera ci fosse una porta socchiusa da cui proveniva una luce fioca. Si diresse pertanto verso quel richiamo anche simbolico di rifugio e varcato l’uscio trovò all’interno una piccola scacchiera quadrata, in radica, su di un tavolino di legno tondo. Provò dunque a schiarirsi la voce chiedendo poi se ci fosse qualcuno ma non ebbe alcuna risposta. Era il retro di un locale; probabilmente un’enoteca, molto suggestiva e caratteristica nelle sue fattezze. Ammassati in quel retro c’erano una serie di cartoni, in gran parte vuoti. Vuoti come l’intero locale che nel frattempo aveva in toto esplorato procedendo lentamente passo dopo passo, scricchiolio dopo scricchiolio su quel parquet in gran parte impolverato. Attorno a lui non sembrava esserci nulla fuorché meraviglia e stupore. Sfiorò con le dita una bottiglia magnum anch’essa molto impolverata e scosse la testa in segno di disappunto. Non c’era anima viva e tutto ciò gli provocò un brivido su per la schiena come se fosse d’improvviso entrata una folata gelida da quella porta semi-aperta da cui era acceduto.

Ciao! Ti stavo aspettando da un po’…

Una voce alle spalle finalmente ruppe il silenzio di quella calma apparente anche troppo tetra per quanto fosse immobile. E poi mentre si girava a scorgere il volto di quella voce femminile che gli sembrava di conoscere un sottofondo musicale pervase l’ambiente e spazzò via gran parte dei timori e dubbi dell’inizio.

Si sedettero proprio come due moderni Kasparov per mettere magari in piedi una sfida quasi surreale come quello che stava fin li accadendo. Sul lato della scacchiera che guardava lui c’era una minuscola etichetta con scritto il suo nome. Notando ciò scosse la testa ma stavolta per indicare estremo divertimento e a quel punto decise di leggere l’etichetta della sua sfidante ma rimase stupito e si ritrasse nelle spalle sbarrando, al contempo, un po’ i suoi occhi: avvocato VITA. Ma come?? La conosceva e sapeva che non fosse…boh! Riscosse il capo per la terza volta tradendo anche con lo sguardo un mix fra stupore, timore, malore. Si sentiva strano anche nelle forze; i muscoli non rispondevano a dovere e pensò di cercare nella sua borsa da lavoro una caramella per risollevarsi un po’, ma si rese conto di averla dimenticata nel portabagagli della sua auto. Una grave disattenzione ma ormai non ci si poteva porre rimedio.

Nel frattempo il sottofondo musicale targato Opus e datato 1984 stava procedendo a nastro. Per un attimo fu proprio il riflettere sulla data di uscita del brano che lo distolse dai ragionamenti di quel momento riportandolo indietro nel tempo e nelle emozioni. 1984 come nel titolo di uno dei libri che aveva amato di più e che si era sforzato di capire oltre le apparenze e letture scontate del caso. Tuttavia, c’era una partita a scacchi che incombeva e nonostante si sentisse come stordito da qualche sostanza chimica aveva voglia di non soccombere. Non in quel momento per lo meno.

Nel radunare forze sempre più al lumicino si concentrò più che sul nome della targhetta che l’aveva devastato nelle sue convinzioni più intime che sul chi fosse Lei per Lui. E nello scavare più a fondo capì, non aspettandoselo affatto, di aver conosciuto chi non solo gli stesse dando l’aiuto per andare avanti, ma gli desse un po’ di sé stessa, della sua esperienza, della sua empatia, del suo carma: si era fatta sua compagna di viaggio, entrando in punta di piedi nelle sue vicende, visitando le sue solitudini, ridandole senso ed entusiasmo…

Ecco che quei pensieri voluminosi lo avvilupparono totalmente e il suo flusso-di-coscienza avrebbe urlato in quel regno della penombra

Voglio parlarti per tutta la notte!

sentiva il bisogno di un supplemento di quel mistero e di quella sua grazia, qualcosa in parte anche di inafferrabile che la rendeva però ancor più attraente nella sua meraviglia e unicità. Ma ahimè la sabbietta della clessidra stava scendendo inesorabilmente, doveva inventarsi qualcosa e farlo in fretta!
Si era immedesimato per taluni aspetti nel suo vissuto, quello che in poche parole le era stato svelato nelle rare occasioni di confronto fra i due. Le aveva fatto capire o provato che anche lui avesse sperimentato una delle regole ineludibili della vita ovverosia che
Il tempo è spesso puntuale nel farci comprendere molte cose in ritardo…
Nel mondo dei social che ormai costringe tutti a tante schiavitù inconsce esisteva ancora la possibilità di emozionarsi emozionando: e vagheggiando fra la fame di significati e la fame di relazioni, sentiva la necessità di cercare anche per Lei un’anabasi che colmasse una solitudine sempre più diffusa e che per di più nessuna tecnologia poteva guarire:

Sforzarsi di capire l’anima di chi hai di fronte

L’identità si cerca nell’anima tendendo accesi i propri colori interiori a caratteri cubitali proprio come quella famigerata e stranissima … VITA!

andare avanti e non indrio

Quale esordio 2023 sul blog ho atteso qualche giorno ma poiché non volevo un classico messaggio di inizio anno e per di più scontato. Chi mi conosce lo sa (ormai)…

Le cose scontate non mi appartengono. Forse è per questo che riesco a catturare consensi anche insperati da parte di personaggi famosi o da parte di comuni “VIP-emozionali“.

Spesso come metafora di vita ho usato terminologia derivante dall’arte della fotografia e voglio quindi proporvi pochi piccoli flash dal recente passato, fitto di impegni, stress e infine svolte. Svolte di vita…

Partirei dal Natale. Ovviamente un giorno speciale che tuttavia fa parte del flusso della vita come tutti gli altri giorni e non ha pertanto un lascia-passare speciale che blocchi difficoltà, incomprensioni o mini litigi. Situazioni che ti fanno star male e che vorresti dominare col silenzio, ma ti rendi conto che ogni qual volta tu sia toccato nell’intimo di un qualcosa che ti sta pesando fin dall’inizio, la capacità di rimanere in un mutismo atarassico ti sia aliena.

Personalmente, prima del Natale, mi sono goduto un po’ la mia città natia dove vorrei tornare per godermela però come fatto in quei pochi giorni a margine del congresso SIC. Camminando anche in solitaria fra profumi, colori e riflessioni. E tra ricordi in cui crogiolarsi come l’insegna di un bar in cui varie volte mi ero fermato a colazione nella mattine in cui la profonda gioia di un bimbo prima e un adolescente poi, era l’andare col papà a lavoro.

Rapporti di vita. Sentimenti. Emozioni. Empatia. Che nella loro semplicità scandiscono ere minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, anno dopo anno.

Semplici come la chiacchierata a margine di un pranzo, sempre in quei giorni, in cui ero stato catturato da uno sguardo che mi trasmetteva fiducia, elemento fondamentale per andare avanti e non indrio

Inoltre, credo sia questa la ricetta per sconfiggere le sicurezze fittizie di cui ci attorniamo. E poi magicamente uscire dai binari lasciandoci stupire da Noi stessi. Certo, non sappiamo mai quale sia il giusto cibo per i nostri sentimenti e cosa faccia funzionare i rapporti: l’unica cosa che possiamo fare è tenere (in parte) aperto il nostro cuore e ascoltarci avendo pazienza…

E poi si tratta di risplendere: se rispondiamo alle sollecitazioni essendo Noi stessi, arretra il buio, arretrano le tenebre.

sono i dettagli che fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio

Oggi nel #blogtime ci sarà spazio per un cammeo su tutti, quello dedicato ad un grande Uomo e non solo per la sua stazza fisica: il buon Bud che ci ha lasciati dopo aver lasciato negli anni una serie di perle di vita vissuta di cui il suo cinema trasudava. E come spesso capita a chi tratta la professione molto meglio che le persone i riconoscimenti in vita sono stati davvero in credito rispetto al merito…

Grandi uomini proprio come il mio caro amico Marietto (che tra pochi giorni farà un anno dalla sua dipartita) e grandi insegnamenti per chi li ha saputi apprezzare, leggere e scoprire; perché nonostante all’apparenza sembrassero impenetrabili nella loro schiettezza erano al contempo un libro aperto nella loro ermeticità: in pratica ogni giorno era come se ci trovassimo di fronte ad un sistema di porte che non riuscivano a star chiuse e non necessariamente per scelta…

Bud e Mario: due immensi, il cui tratto distintivo era, è, sarà sempre il possesso di doti tecniche e fisiche ai limiti della sfida genetica. E laddove fossero oggi paragonati ad altri reputati, a torto o ragione, più pregni di tecnica, io risponderei nella maniera in cui l’avrebbero fatto loro e per la quale tutti li conoscevamo apprezzandoli, ovvero ci si può accontentare di un decimo dei mezzi tecnici altrui se si possiede il doppio della sagacia.

Uomini di spessore superno quindi, capaci di condensare in una nevralgia contenutistica tutti i loro fini e le loro speranze. Uomini capaci di invertire le tendenze col loro modo spesso irriflessivo ma sempre spontaneo e mai irriguardoso seppur molto sovente inusitato. Ecco allora che Bud faceva virare quasi magicamente la violenza nella risata, così come Mario era capace di esprimersi meglio di tanti dotti letterati sebbene nessuno lo avesse mai visto girare due pagine dello stesso libro nello stesso giorno. Ma non potevi non desiderare di apprendere continuamente da loro: soggetti in grado di trasformare ogni passione in una missione con l’iterativo mantra di esigere da se stessi di più e sempre.

Persone improbabili spesso, ma al contempo irresistibili che ti mettevano, quando eri nella fase di scelta fra due ipotesi, seguirli o meno, nella posizione dicotomica del: o o sì.

Due grandissimi insomma che hanno scandito tempi differenti della mia vita, ma parimenti cruciali quali l’adolescenza e l’età adulta. Due grandi amici: quello del passato, virtuale come sempre più è il mondo odierno e quello dei tempi attuali vividamente reale e concreto con un pragmatismo molto più dello ieri che dell’oggi. Per entrambi sarebbero da spendere in un quovadis ineludibile delle vere e proprie genuflessioni emozionali nei confronti della loro tenacia…

Dettagli: piccoli, unici, indimenticabili ed insofisticabili.

Del resto, sono i dettagli che fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio: Mario e Bud, Bud e Mario lo sapevano bene e ce lo hanno insegnato per anni, facendoci osservare come loro, benché tenessero a debita distanza un certo tipo di idea di perfezione mai la ripudiassero e con estremo rispetto la controllavano con lo sguardo, massaggiandola e coccolandola, con e nei fatti…

Grazie cari Amici: il saluto stasera è Tutto per Voi!

#brexit? No, torta di mele…

 

Proviamo stasera a tornare, ciascuno di Noi, al proprio realismo magico che, quantunque  intorpidito ha una qualità innegabile paragonabile al profumo della torta di mele…

Come al solito si parte con tinte di perplessità che fanno strabuzzare gli occhi ma il trucco è andare: non si immagina, si va. Ed io, come sempre, non vorrei tanto suggerirvi cosa fare ma dirvi unicamente cosa assolutamente non fare.

Ad esempio, occorre non morire sotto i colpi desertificanti delle proprie convinzioni artiche ma esser trasformisti e pronti in ogni momento alla scoperta.

Del resto, è questo il viatico giusto per decodificare nel modo più opportuno una sconfitta che, se giustamente letta, insegna più della vittoria che ti dà a volte solo la mera soddisfazione del momento. Lo so è un po’ troppo palatale come affermazione e seppur odori di rivoluzione culturale il nostro naso non credo ne sia sicuramente pregno, ma serve in ogni caso, sedimentare questo pensiero profumoso che, maturato ieri, possa oggi esser puntualmente setacciato per poi convolare (magari) ad una suprema rifinitura nel domani…

E’ un po’ come copiare gli individui atarassici dell’oggi che si riservano un privilegio che forse sarebbe stato abbastanza congeniale anche allo ieri epicureo, ovvero quello strano esercizio mentale che consta nell’aspettare e quasi sperare che le cose di cui non si può far a meno svaniscano presto per poi coccolarle nel ricordo nostalgico reso immortale da e nei moti dell’anima.

Lo so sembra una contorta filosofia, l’ennesima del SoMMo che, spesso nella sua inintelligibilità sembra giocare (come il gatto col topo) alla scientificizzazione del vuoto spinto…

Per cui, meglio evitare una tregenda e limitarsi ad uno zero a zero senza emozioni?! Naaaa… non farebbe così il Vate e nemmeno il sofrologo o anche la volpe e quindi col consueto ritardo di chi deve prima fiutare il vento andiamo a cercare anche oggi una chiosa che sia almeno valida se non totalmente comprensibile in una sorta di trattamento della penna cardinalizio anche se sovente, per l’appunto, con il passo del cow-boy appena sceso da cavallo…

Ed allora quando sembra che il mondo giri senza magia né leggi, quando ti trovi a metà di una passerella che conduce dal #brexit all’Europeo di calcio o quando ti metti taccuino-e-matita ad elencare in ordine crescente di mendacio: le bugie, le grandi bugie, i direttori vari de sta lippa (anche tra gli albionici) e ti appare una realtà che ti suggerisce che solo i più adatti sopravvivono in una sorta di darwinismo dei tempi moderni…

Eh già, amare considerazioni che si possono leggere (se solo si voglia) mediante basi culturali normali seppur sia d’auspicio un eclettismo straripante che si possa ben sposare con la casualità, fonte di sopravvivenza per tutti, senza le cui illuminazioni fortuite si brancolerebbe tutti (o quasi) non solo nel buio ma anche peggio; ed invece quando si emerge dalla nebbia creativa con un lampo di fortuna si ha l’antidoto alle criptoniti oppositrici

Ed allora il primo quovadis di mille interrogativi ancor insoluti sta nella selezione operata proprio dal Caso, Fato o Destino che concede solo ad alcune pennellate conoscitive di arrivare alla tela facendoti sentire pienamente pronto e preparato, ma non su tutto, ovviamente…

A questo quovadis ne va però aggiunto un altro dal sapor più succulento che sia la ricetta vera e risolutrice: studiare ed aver fame di conoscenze a tutto tondo, attenersi ad una più o meno rigorosa etica non solo professionale ma anche e soprattutto morale (stile Vate) per cercare di mettersi nelle condizioni da volpe per accogliere la fortuna e da riccio far scoccare la scintilla!

Ed ecco che magicamente ri-spunti il profumo della torta di mele tanto desiato proveniente da una sorta di oasi di acque sorgive ai margini di un deserto fin li visualizzato

 

ad un battito di ciglia dall’analfabetismo

La vita non è la somma degli anni che passano, ma degli istanti che restano: emozioni irripetibili, attimi a volte inattesi e da custodire gelosamente…
ed il tempo magicamente si ferma in attesa di un nuovo momento speciale…

Vi starete subito chiedendo: “Cosa si è fumato stavolta il SoMMo?” in uno dei canonici tormentoni di chi mi legge e/o ascolta; ma nella misura in cui ciò avviene e nella frequenza con cui capita sarà ormai lapalissianamente riconosciuto che lo scrivere è la mia forma di rivoluzione d’Ottobre seppur applicata alle emozioni e pertanto amen come direbbe Francesco (ovviamente non il Papa, nds).

Pur tuttavia, difficilmente (se non mai) mi succede di ragionare come un mezze-maniche ed è altresì vero che l’ultima volta che non ho riflettuto magari a buon bisogno era anche la prima o, correggendo e limando ulteriormente il tiro, potrei tranquillamente dire che la superficialità non sia inquilina del mio pensiero.

Di sicuro, non mi ritengo infallibile, tutt’altro: quello è Destino solo dei Vate (ed eccolo il primo agognato cammeo, nds) e ognuno di Noi ben sa che sotto plurimi stressors emotivi si possa esser colti a guardia abbassata più facilmente di quanto solo si immagini…

Ma tornando a Noi ed avendo pocanzi scomodato una metafora pugilistica vorrei dedicare un piccolo cammeo al compianto Muhammad Alì che fu capace di grandi vittorie non solo sul ring nel secolo scorso.
Ecco, al giorno d’oggi, ove pullulano esempi assortitissimi di vari quaquaraquà sarebbe il caso anteporre personaggi di livello riccio-volpitario-planetario che sappiano far quadrare i sentieri di vita ancor prima di sbarcare il lunario, perché così come ieri c’era uno Zaire a cui garbava moltissimo mettere due massimi al centro del quadrato oggi nello zoo mediatico la quadratura del cerchio si incastona nel vale-tutto (o quasi) e sarebbe giunto il tempo di chiosare.

Il non avere limiti, limita: e questa è una verità inconfutabile che anche chi tiene il conto delle birrette a partire dalla quarta saprebbe declinarti.

Non voglio però divagare troppo anche se amo spaziare sfidando qua e le forze pantagrueliche all’opposizione. Ma rispetto a ieri, oggi, con i lustri (e forse rughe) che avanzano sta maturando sempre più forte dentro di me la consapevolezza di avere quantomeno un asso nella manica che mi concederà un piano eversivo a mo’ di punteruolo da conficcare nel cuore del sistema

Giorni fa, chi ricorda i miei toni rammenta una stamina al lumicino, al punto tale che difficilmente sarei stato dato per favorito in un eventuale braccio di ferro con un’anoressica a piacere. Adesso, grazie ad una serie di iniezioni di fiducia indotte (più che auto-indottesi) mi sento di nuovo padrone della realtà.
Una realtà che racconta aneddoti ai limiti dell’irreale con cifre che hanno dell’irreale: ecco che su tali scenari la natura abbia iniziato a darci di pennello e non solo cattura ma taglia letteralmente la rètina ai fondamentali contributori della letteratura del sentimento.

Non credo pertanto ci siano episodi in grado di produrre un effetto più profondo sulla mente umana ed in questa pervasione persuasiva il pathos ti trascina magicamente e ti porta con empatia ad elencare, dal pollice in avanti, le qualità sopraffine di chi ti sostiene ad attornia in un conteggio apotropaico che dall’uno giunga al cinque, ma solo perché le dita di una mano non son di più…

Ok. Promesso. Ora concludo col mio quovadis immancabile che oggi mi ha e ci ha condotti al di là dei binari del treno, da considerare più che per il tema del viaggio per il fatto ectopico di esser l’iconografica metafora di un separé della vita.

Lo so, sono un presuntuoso inguaribile romantico specie laddove io usi script caratterizzati da frasi del genere. Ma perdonatemi: è come se ingabbiassi cultura ed umori se non lo facessi ora, adesso e subito. Certo, mi rendo al contempo conto che, per coloro i quali a chiacchiere si autocelebrano per poi dimostrarsi solo dei mezzo-sangue (più che puro-sangue) sia difficile non soccombere ai piedi della crogiolante invidia repressa.

Io, dal canto mio, se avessi cinque desideri spazio-temporali da spendere tipo MJ Fox, mi siederei quotidianamente al tavolo con diavolo, destino e dittatori impostori vari, ma al momento, mi basta osservare chi si pavoneggia nel suo esser, invece, ad un battito di ciglia dall’analfabetismo!

il valore del dettaglio: una telefonata senza prefisso…

“Molti pagherebbero per starsene in panchina!”

Stamattina mi sono svegliato con questa frase in testa, una frase che mi sembrava ricordarmi il finale di un famoso film di cui discorrevo l’altro giorno con il mitico Bodox ed ora voglio diventi solo la riflessione d’ouverture serale che si inserisce a metà tra sport e vita, tra vita e sport o chissà cos’altro…

Correggendo il tiro e spostandolo verso temi sofrologici indirizziamo quindi la trattazione, senza se né ma, verso la capacità (o incapacità…) che ha la società odierna di ergere a capi-popolo gli scansafatiche inetti piuttosto che i validi esaltatori del contenuto, ma del resto, il signor Lapalisse (già scomodato più volte sul blog) avrebbe or ora detto: “Così va il mondo…”

Ecco allora, che spesso ci capiti di osservare situazioni ai limiti (eufemismo, nds) del kafkiano in cui, i capi di cui sopra, iniziano a nastro a mettere cerotti su fori di proiettile avendo la presunzione del “vale tutto” ma purtroppo in una chiave di volta impostata sul negativo, che se stesse ad indicare con la sua accezione una pellicola qualche scorciatoia ce la fornirebbe pure…

Ed invece: non ci sono scorciatoie, cari amici, bisogna camminare prima di correre e la dignità è il miglior paracadute che esista in una simile entropia del retro-pensiero. Un retro-pensiero sconsolato e di grana ruvida che si è focalizzato sul fermo immagine di una battaglia che sta vincendo il male e necessita, come non mai, di un uomo che porti la luce nelle tenebre.

Ecco allora, che il diktat assolutistico del “vale tutto” debba per forza di cose trasformarsi nel “contano tutti o non conta nessuno”

Mi direte, sembra un capolavoro di retorica oppure vista la vicinanza degli impegni elettorali qualche amico impelagato nell’agone della politica potrebbe prenderlo come un sublime assolo da viagra elettorale, ma la sostanza dov’è nonché il famigerato e canonico quovadis?

Forse il primo, se non unico, step risolutivo sta in una mente cangiante che faccia sì che il meglio sia solo un punto di partenza specie allorquando ti sembri che sulle tue spalle si stia accomodando tutta la disarmonia del sociale in un quadro inquietante ed enigmatico dominato da colori intensi della fotografia seppur su uno sfondo livido ed intriso di una profonda e piena angoscia morale, in una sorta di schema avverso delle scatole cinesi, dentro cui si spalanca un abisso di avidità ed inefficienza, a cui anteporre unicamente la matriosca del dettaglio!

Perché ieri, oggi, domani e sempre, i dettagli rendono bella una storia ed esser maniacali nell’arte del dettaglio è la prova dell’esistenza di figli considerati di un Dio minore, magari pur anche illegittimi e di padre orfani, ma degni eredi del regno della super-specializzazione e/o dei mille passi avanti…

Basterà dunque una telefonata?

Forse…ma mi raccomando: che sia senza prefisso…