lo statuto antico delle nostre vite moderne

Spesso mi vien detto <<come scrivi difficile!>>

Andrebbe invece richiesto cosa scrivi e perché lo fai…

Uno dei perché risiede nel fatto che con le narrative edificanti ho trovato un modo per non negare le crisi né tentare di mascherarne gli effetti e posso vivere in una sorta di nomadismo di prossimità calmo e sedimentato a tratti, underground e stellare al contempo. Un nomadismo che ci permette anche di poter dimenticare il nostro sogno più grande salvo ritrovarcisi dentro dopo esserci stati lanciati senza quasi rendersene conto…

A dirla in modo diverso si potrebbe sentenziare che oggi sia la dislocazione a prendersi la scena sostituendosi a ogni altro possibile verbo spazio-temporale in una sottospecie di movimento senza direzione e mutamento senza storia in cui ogni idea di carattere, di forma e di densità appaia abbandonata e l’identità sia temuta come il fuoco teme l’acqua.

In un simile contesto, occorre pertanto immaginare traiettorie che benché si sfiorino non si incontrano, quantunque si scrutino non si soffermano e nonostante si avvicinino di continuo non s’addensano. Insomma, un vero e proprio dramma acentrico attorno ad un tavolo di negoziazione lenticolare con sventure molteplici e dai denti aguzzi in cui sembra esser possibile solo una perenne incompiutezza che aderisce quasi perfettamente all’immagine e all’iconografia di quel tuo sentire: ovverosia, non la vita che viene dopo le avversità riscattandone anche gli inespiabili peccati ma quella che ne costituisce l’impossibile oltre…

Quasi una non-vita appunto, sede della dis-locazione nel sensu strictiori di separazione da se…

Ed allora quo vadis?

Che vita futura si può intravvedere guardando nella sfera di cristallo di quel suo frammento, un tempo anima e architrave di essa ed oggi in parte smarritosi? [per me fino a pochi mesi fa sicuramente e totalmente, nds]

Le persistenze del passato, quelle vere, attive, non è purtroppo sulla superficie che vanno cercate ma sotto dove lavora l’eredità emozionale che col suo autentico passato che non trapassa, perché non è reperto ma scoria, ci pone in un’ineludibile sensazione di provvisorietà, dominata dai frattali re-incarnatisi nell’ordine della volubilità quasi ad esser degli odierni Mercurio che assaliti dalla stanchezza non sopportano più il proprio mestiere, i parenti, la casa e così via discorrendo…

E quindi è utile scivolare come pattinatori solitari, sopra questo ghiaccio sottile di inespressione ed inespressività, con una massiccia irradiazione di soggettività però, una soggettività che possa esser PIN o anche password e PUK, a guisa di una cifra segreta con cui il Tuo Destino Ti guida rivendicando crediti sotterranei ma tenaci!

E laddove prima ti sentivi prigioniero degli altri, ora lo sei di te stesso per quel carattere frammentato e centrifugo della casualità.

Eh già, è sempre Lei! Lei che è politically correct (forse), Lei che ti suggerisce sovente una risoluzione virtuosa a compimento delle metamorfosi del tuo più intimo intendere in un format da emotional correct ove le possibilità sono aperte dal mito del caos, dell’instabilità come valore, dell’accelerazione, della finzione eversiva e della sua deriva delirante in una sorta di multifunzione, multicultura, multitutto…

In definitiva, sarà ancora una volta necessaria una vera evaporazione del luogo in una reale eterogeneità del tempo. Solo così la vaporizzazione dell’esistenza con la sua precipua introvabilità di un riconoscibile centro di ancoraggio avrà di nuovo il proprio punto fermo: eccolo qui, lo statuto antico delle nostre vite moderne che occhieggia al futuro!

Pubblicato da

luigigianturco

Detto il SoMMo.

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