Ieri sera lo spunto della riflessione è nato da una whattsupata. È stato in tale contesto che mi è balenata per la testa la frase: “La cura del particolare fa parte del mio modo di essere…”
Da lì come al solito ghirigori e salti (forse) di palo in frasca che mi hanno condotto alle mie note ed al mio blog. Il blog di un “piccolo borghese” direbbe il caro Albertone nazionale, romano come me e da me sempre tanto stimato non solo per i comuni natali ma anche e soprattutto per la sua estrema abilità nel dipingere l’italiano medio con tutte le sue peculiarità, stranezze e contraddizioni e soprattutto sempre in anticipo sui tempi.
Ma tornando a noi cosa accomuna secondo voi la cura del particolare, il rispetto e la libertà? Il titolo a nove colonne di oggi parte proprio da quella che ho definito essere una mia peculiare caratteristica: curare il particolare infatti, il dettaglio, fa capolino nella mia mente anche troppo direbbe qualche ingiusto/a detrattore/ice.
Ma il tutto nasce da una profonda cultura del rispetto: una spasmodica ricerca che trova compimento e trae giovamento dal vedere realizzarsi e manifestarsi senza se né ma, la libertà altrui.
Uno spirito tanto altruista da eccedere nel vezzo (forse) ma tanto pieno nel suo essere e nella sua realizzazione.
Forse – dicono gli stessi detrattori di cui sopra – questo debordante altruismo è frutto e figlio di un’insicurezza interiore e personale che porta nel ripiego in soddisfacimenti lontani piuttosto che nel godimento personale nudo e crudo. La paura di non vedere realizzati dei propri obiettivi/sogni fa elaborare un tale tipo di scelta…
Non voglio subire obiettare a tali asserzioni ma salire di gamma e rilanciare come in una difficile partita di poker. Diciamo che il nocciolo della questione lo trasferiamo sul tavolo dell’empatia, elemento che porta, laddove condiviso ed opportunamente trasmesso, a godere a pieno regime dei reciproci scambi emozionali da essa generati. Ovvio, che non è da tutti saper/poter realizzare un simile transfer e non è così facile render facilmente fruibili a parole simili concetti. Sono sicuro che il mio amico sofrologo, alias Daniele, avrebbe minori difficoltà a disquisire attorno all’argomento, ma tant’è…
Fatto sta che, esemplificando al massimo, sentirsi a doppio filo realizzato nella serenità (più che felicità, nds) altrui è emozione troppo nobile da banalizzare sulla “soglia del ripiego” di cui si argomentava poco fa. Ma non è da tutti, probabilmente, nemmeno il comprendere situazioni mai provate o se preferite, troppo superficialmente vissute, quella superficialità che essa sì è figlia e frutto del ripiego e del diniego della realtà, ma tant’è…
Ma senza andare troppo al largo, torniamo alla nostra umile navigazione in acque chete, acque che sanno cosa sia la bonaccia ma hanno sperimentato anche la tempesta e da essa hanno tratto grandi insegnamenti: hanno capito che è inutile e deleterio perseverare in atteggiamenti troppo orgogliosi, in battaglie alla Don Chisciotte, ma anche e soprattutto perché di Pirro ce ne facciamo poco noi veri vincenti. Magari, il tavolo su cui giocare non sarà quello da poker ed il trofeo verrà sollevato in ritardo ed in platee diverse da quelle ipotizzate/ipotizzabili, tuttavia il vero trionfo sarà nel saper attendere ed elaborare senza tentennamenti il lutto di quelle che razionalmente ci sembrano sconfitte ingiuste e ingiustificate. Solo quando saremo riusciti a far ciò avremo a che fare con il vero trionfo, passato a buon bisogno e senza scomodare il grande Alessandro, attraverso il trionfo della libertà, o se preferite dell’esternazione della stessa al di la di ogni logica meccanicistica.
Sarà ivi che il Guicciardini gioirà vedendo realizzato nella vita (e se vogliamo nella storia, nds) un “piccolo grande uomo” stretto fratello del piccolo borghese d’apertura, dipinto dai loschi e perfidi “ominicchi” detrattori, come un perdente travestito da vincente. Un piccolo grande uomo con a cuore la cura del particulare!
Buonanotte Cari Amici!