Riflettere mi rilassa così come amo il brivido che mi produce lo scoprire ogni giorno di più cosa sia la vita con i tutti i no, forse e sì che ci presenta; in ordine sparso e senza un apparente senso. Certo, se volessimo quantificare il positivo e negativo di quanto appena scritto probabilmente saremmo influenzati da vene e venature ottimistiche, in taluni casi, o contrarie, all’opposto ed il tutto sarebbe in relazione a ciò che ci contraddistingue; così come l’avere iniziato il periodo con un no anziché un si, potrebbe indirizzare i toni verso il nero e farti pensare che qualcuno o qualcosa di tetro abbia già deciso per te.
In realtà nulla di tutto ciò. Come già detto in passato, più e più volte, i fenomeni naturali di cui la vita si compone sono all’apparenza inintelligibili, ma nella pura e buona sostanza, risultano molto più facili da capire che da spiegare. L’importante è che il decoder cerebrale in nostro possesso sia giustamente fornito della sua aggiornata smart card e sappia discernere in base alla regola del semplice che soverchia l’eccezionale cannibalizzandolo e permettendoci di affermare, senza se ne ma, che è proprio nel semplice che risiede il vero carattere di eccezionalità della vita.
Del resto, anche la dissertazione attorno ad un capolavoro potrebbe portare facilmente verso miti precostituiti ma alla fin della fiera incongrui e mal misuranti la vera realtà. Per tanti (inutili) soloni, ogni capolavoro è frutto di un gesto carico di “barbarie”, ma l’errore principale di una simile affermazione risiede per l’appunto nell’analisi affrettata quantunque superficiale del fenomeno capolavoro nella sua totalità: un’essenza ben misurabile attraverso l’itinerario sinestetico che dal pensiero conduce alla creazione del capolavoro stesso, passando per le vie del genio e della sregolatezza da un lato ma anche della progettazione, regola e ordine dall’altro. E pertanto più che di fronte ad un “barbaro” siamo di fronte ad un Lord sebbene sia reazionario ed anche pazzoide, a buon bisogno…
L’obiettivo univoco e fondamentale è, e rimane comunque, quello di traslare in qualcosa di percepibile ciò che c’è passato davanti in un secondo o forse anche meno.
E allora, può esser capolavoro anche la lungimiranza, il credere a qualcun altro oltre che a se stessi…l’affidarsi all’altro senza snaturarsi ne annichilirsi ma arricchendosi in una sorta di legame a doppio filo tra sceneggiatore ed attore, personaggio e scrittore e così via discorrendo.
Ecco dunque che il quovadis di indirizzo odierno ci porterà sulla bianche distese spiaggesche della simpatia, ove per non spiaggiarsi basterà rammentare e rammentarsi semplicemente l’etimologia del suddetto termine. Il soffrire assieme sarà l’elemento d’unione iniziale ed il doppio filo si tramuterà in corda tenace e rassicurante. Sarà poi, compito ulteriore di ciascuno di noi, l’avvalersi dei magici sentieri empatici che trasformeranno, il costrutto d’esordio del pathos condiviso attraverso lo scenario della sofferenza in un oasi emozionale dai toni e le tinte cristalline…
Sarà lì che nella dimensione così rinnovata e rimodellata dello spazio e del tempo si potrà sublimare l’empatia nella lungimiranza per la genesi di un nuovo e più che vivido-reale capolavoro di nome serenità!