Cosa accomuna una cena in periferia ed una serie di motivetti musicali fatti andare in maniera random su uno smart TV? Forse nulla o magari molto, perché laddove la società ed il mondo odierno sembrano metter limiti invalicabili emerge sempre chi può scardinare un simile sistema. Chi o che cosa per onor di cronaca…
Ecco dunque che il primo spartiacque della serata sia il focalizzare la nostra attenzione sull’abissale differenza che esiste tra quelli che restano immobili a contemplare l’idea del fare e gli altri: quelli che il sogno lo coltivano, lo rendono vivo e alla fine lo realizzano. Quelli che vanno oltre il limite del pensabile e si ritrovano a camminare in un mondo che supera sempre anche le loro migliori aspettative. Un mondo che sia quanto meno metà della propria meta sorridente, del proprio approdo rasserenante: una sorta di anabasi abbacinante del sentire, del vivere emozionando ed emozionandosi.
Autoreferenzialità? Forse…ma in questo percorso tutto sfarzo occorre fare uno sforzo per ben comprenderne il finale; certo, prima sarà bene riposarsi in una locanda tanto piccola quanto calda, tanto umile quanto empatica, ove ci serviranno pietanze succulente e a buon bisogno dolci come i chichingeri.
Ed il sottofondo musicale? Ah già, da lì eravamo partiti e ci torniamo subito: il tempo di riscorgere la TV ultimo modello tutti optional o più probabilmente con la semplicità e naturalezza di un bianco-e-nero, l’attimo di ritrovare Noi stessi molto più simile di quanto si immagini al sorriso di un babbo alla figlia o l’abbraccio di una mamma al figlio…
Musiche, storie e riflessioni. Classifiche, vittorie e canzoni. “Un giorno di dirai”, cammeo agli Stadio e soprattutto a chi la canzone mi ricorda, ma quovadis mi direte, ancor più a bomba, Voi? Il tormentone consueto del mio blog non potrebbe mancare e se ci fosse ancora uno dei grandi della canzone milanese si andrebbe tutti assieme in Mexico con le nuvole o senza, con ad accompagnarci dei VIP o meno: non so, un Messi, un Cristiano Ronaldo…
Anzi, meglio ancora: un Vate o una Volpe, senza uva però, anche perché chi lo contatterebbe l’Esopo dei meno abbienti di turno?
Ma andiamo alla fine, altrimenti pensando a quanto vi stia tediando stasera mi sopraggiungerebbe una sorta di senso di colpa atavico stile ispanici conquistadores versus conquistati vari che gioco forza dovrei poi salmodiare in altri versi o prosa…
Meglio quindi salvarvi e salvarsi con l’ingenuità di una piccola bimba vivace che attratta gravitazionalmente dalla curiosità del sentimento sia nostra consulente di vita, avendo tra l’altro tutti i crismi per poter entrare dalla porta principale e coprire una moltitudine impressionante di peccati e storture di questa società. Una società sempre più povera, arida e cieca…
Ma tornando sulla circolarità del primo quesito d’apertura, che cercava (forse) analogie astruse e riportando lo stesso a tematiche più fruibili, cosa accomuna la nostra povertà d’allora e quella di oggi?
Ieri l’esser poveri stimolava la creatività e conduceva a ricchezze faticate, sudate, tenaci e penetranti, seppur non sempre economiche. Oggi è una catabasi nella violenza.
Ed allora tra brutture varie e lacrime inferte da vari attentati, stiamo tutti bene attenti ed aggrappiamoci alla nostra mente ricordandoci come renda di più laddove aperta, meglio ancora se spalancata a mo’ di paracadute…un paracadute motivazionale fatto di cultura, contenuti ed emozioni e sostenuto da una tolleranza che sia rispettosa dei tolleranti e non li reprima in una svuotata retorica del nulla, fine a se stessa e vetusta ormai.