Un fine giornata qualunque stravaccato sul divano di casa tua, pollice ed indice all’altezza della base del naso, pinzettando la stanchezza e strizzando quel tanto che serva gli occhi per sentire sui polpastrelli quanto dei pensieri permei…
La prima cosa che ti frulla in testa è quella nostalgia divenuta soavemente insopportabile che ha imperversato negli ultimi giorni quasi fosse una dittatura dominante; pur tuttavia, ormai sai, che quel vento nostalgico che ha percorso un lungo viaggio a strappi tra sciovinismi asfittici ed alchimie esplosive stia per terminare. Finalmente!
Del resto, a bocce ferme e col senno del quasi-poi, si potrebbero derubricare tanti degli ultimi mugugni passati e vissuti, a semplici increspature di un mare che cerca con la vivacità della tempesta di infondere la giusta spinta dirompente ai sentieri della monotonia quotidiana e ripetitività sequenziale robotizzata. Mentre la roboante robotica dell’arte della svolta sa benissimo che sia un crimine (quasi) perfetto uccidere lo slancio della creatività, entità mai da soffocare nei meandri di tanti vincoli labirintici.
Per svoltare, insomma, occorre che si congelino le inquietudini e si plachino i conflitti semplicemente ripetendo e ripetendosi che nel tuo percorso esista già qualcosa di segnato, di scritto, un qualcosa con l’argento vivo addosso e vincente nella misura in cui possieda il vento a favore della storia.
Una chiave di volta sta quindi nella consapevolezza, caratteristica che Noi adulti spesso dimentichiamo proprio nella misura in cui facciamo prevalere la ragione a tutto il resto. Qui, pertanto, sono i bambini a darci le giusta quadra ostentando la loro “serietà” spontanea e genuina al cospetto della nostra frivolezza ragionata. Perché accada ciò? Forse il quovadis è racchiuso nella capacità che hanno tutti i bimbi di esser artisti, una capacità che è difficile perpetrare nel corso degli anni mantenendola quindi da grandi, il che equivale a dire leggendolo con gli occhi di Pascal che le verità più importanti si trovino col cuore e non con la ragione!
Ed ecco dunque che occorra con tali presupposti costruirsi nei giorni certezze interiori granitiche anche e soprattutto nel contesto di cammini in chiaro-scuro; nel lavoro, negli affetti, nell’essere se stessi: un’anabasi costitutiva che porti ad inchiodare le lancette della storia fornendo risposte allegre alle domande cupe.
Solo così facendo non cadrai nel vortice dei timori insulsi che spesso ci porta ad autoconvincerci di avere dei tentacoli inermi in quanto ad essi non arrivi la giusta corrente o vi giunga solo a tratti. Il motivo principale è che ci focalizziamo magari sulla caduta ritenendola un problema ma perdiamo di vista che il vero limite sia invece l’atterraggio da gestire e coccolare con un percorso fatto di genio e sregolatezza, empatia e pulsione messianica da condensare in uno slancio la cui spina dorsale consta in un azzardo da fuorilegge del ragionamento che tendono a rimanere sospesi nello spazio…
Ovvero altrimenti leggasi: la creatività implica sempre una dimensione trasgressiva su cui bisogna spingere a tavoletta con temerarietà. Ed anche laddove nell’ambito di un fenomeno in costruzione ti sembri di lampeggiare ma non dominare, illudere ma non timbrare c’è solo una cosa da fare: perseverare nel cullare i sogni che avevamo da bambini per incantare ed incantarci nel mondo degli adulti.
Certo, servirà una sorta di “arroganza” anti-patronale scevra da paure, un’attitudine selvaggia all’improvvisazione che ci faccia rendere conto di quanto poi l’ignoto non sia dissimile dal conosciuto, un conosciuto nel quale peraltro non bisognerà mai davvero assecondare l’ossessione di chi la ostenti…di chi si crede superiore unicamente per via di gerarchie e poteri precostituiti, denaro e possedimenti, ai quali dovremmo saper controbattere con uno schiaffo netto ed inequivocabile fatto di stile poiché lo stile è tutto (o quasi): è Lui, infatti, che ci rende unici e non riproducibili!