Nel girovagare stanco che la mia mente compie la notte mi sono ieri imbattuto in una serie di polisemiche intuizioni che per fortuna e non purtroppo mi hanno fornito l’ennesimo appiglio di una fase priva di certezze.
Di esperti (o presunti tali) ne state ascoltando da giorni tanti, tantissimi e non ho assolutamente la presunzione di scendere con loro sul play-ground delle infinite idiozie. Del resto, per chi ama lo sport come me ed uno dei miei mentor Andrea, il mondo è pieno di fuoriclasse del giovedì che alla domenica ineluttabilmente recitano a mezzo-servizio.
Il mio focus vuole invece andare oltre la bulimia mediatica di gran parte di costoro. Vuole analizzare, in un momento in cui per ognuno di Noi il principale sparring-partner è l’attesa, come la si possa meglio affrontare. Una strategia, come suggeritomi in sogno (almeno credo!) potrebbe esser quella di giocare con le parole non per divertimento, ma andandoci dentro, scavandoci dentro anche in una maniera angosciante.
Iniziamo quindi col dire che nel vocabolario dei più forti esista una sola “certezza”:
la parola impossibile non esiste!
E quando l’angoscia (di cui sopra) diviene vertigine per la nostra libertà possiamo anzitutto rispolverare Galileo Galilei, il quale affermava che nelle prove naturali non si deve ricercare l’esattezza geometrica. Sempre che in questa fase la natura c’entri molto…
Ma tornando a Noi, il concetto apparentemente sfuggente è quello della relatività delle cose che già in passato trattai sul mio blog in modo sia diretto che non.
Cose di fuori, cose di dentro, ma come a teatro anche nella vita le cose “finte” possono diventare vere a patto che lo si voglia e lo si sappia fare. Occorre infatti anteporre l’immaginazione a tanti cliché ingabbianti che potrebbero ossessionarci arrendevolmente in situazioni di immenso stress come quella attuale.
Chi di Voi infatti non ha passato anche soli pochi minuti della propria esistenza ad interrogarsi sulla felicità e la sua spasmodica ricerca? Chi di Voi non si è dato ultimatum allo scopo di cambiare “vita”? Fermo restando che quando è la vita a “volerci” cambiare il castello crolli. Ed in questa anarchia pilotata spetta ad ognuno di Noi trovare le proprie personali e specifiche chiavi di volta non disdegnando mai di farsi vedere financo deboli di fronte alle avversità.
La serenità, infatti, non ama ricever comandi da felicità, etica, apparenze.
E per tale motivo, la serenità può anche esser considerata snob e passionale, aristocratica e popolana; pur tuttavia, Essa, come una chioccia sa preservarci dai portatori sani di sfiga. E ricordandoci che siamo ancestralmente allergici al principio attivo dell’ignoranza ci propone quale medicina guaritrice la ricerca: una ricerca per molti versi interiore, rapida e leggiadra al tempo stesso.
Ovviamente, la rapidità non deve esser frettolosa e sommaria così come è chiaro che si debba investire su una leggerezza pensosa, ovverosia Colei che rende la frivolezza pesante…
Solo un simile stream of consciousness può tirarci fuori da queste tenebre incombenti contro cui Tutti stiamo, chi più chi meno, crashando da diversi giorni. Ed una volta risaliti in superficie torneremo in possesso della capacità (unica) di riconoscere i veri sentimenti, quelli che ci fanno sorridere ancora prima che col viso col cuore.
Una dolcezza capace di impressionare l’occhio ancor prima della pellicola.
Sentimenti che fanno parte del nostro DNA genotipico bisognevole come non mai di dolcezza…
Una dolcezza che andrà espressa fenotipica-Mente con le sue carte: schiettezza, passione ed energia proprio come il gusto al contatto del palato di un Negramaro ineffabile e sanguigno col quale vorrei brindare adesso con Tutti Voi!