In principio fu il covid alle porte della primavera, il successivo lockdown, mesi con il gelo dentro per l’assenza degli affetti più vicini (quanto meno sulla carta) per poi tuffarsi in un’estate in cui anziché fare i conti con la propria vita decisi per l’ennesima volta di girare la mia testa dall’altra parte.
Si giunse quindi all’autunno e venne il freddo: in anticipo sull’attesa tabella di marcia? Forse, anche se il freddo che temo di più è sempre quello che viene dal di dentro…
Freddo e di nuovo alle prese con il corona. Ma stavolta con una nuova opportunità alle porte: agire da primo attore nella gestione dell’emergenza! Fu così che approvai con estremo piacere la “chiamata alle armi” da parte del mio capo (prima) e di quello che lo sarebbe stato per i successivi 3 mesi (dopo).
3 mesi.
Tanto. Poco. Magari il giusto…per poter esternare quanto di bello e buono io abbia raccolto da cotale esperienza.
Motivi a volontà, dunque, per immergersi nell’epica del racconto. Un racconto fatto di storie, di uomini, donne, “esemplificazioni caricaturali” e molto altro ancora. Osservati e scrutinati da miliardi di sguardi sofferenti per giorni, ma globalmente capaci di sopportare tutto ciò con la forza di un team, molto ben diretto, che sapeva supportarsi per il comune obiettivo.
Certo qualcuno ha abdicato ed è fuggito ma poco importa allo sceneggiatore dalla penna ancora calda. Lui vuole dare palcoscenico a coloro i quali spesso sono stati definiti eroi, ma che io preferisco definire: veri uomini e vere donne.
Inizierò quindi col tratteggiare il profilo del regista, il primus inter pares per antonomasia, il Gianni Rivera della sua squadra: affabile, moderatore, colto. Così come altro gran Signore è un corrispettivo capo di altra branca: un pacato naturale che veste con estrema educazione i panni dell’omone di facciata. Potrei poi passare al duo concretezza, precisione e pragmatismo: consulenti sul campo, all’occorrenza anche per shopping, problemi sentimentali e massimi sistemi della vita. Altro focus lo dedicherei ad un trio-quartetto cerebralmente (di nome/di fatto) molto interessante: la filosofa, la lottatrice solo apparentemente alla Don Chisciotte, l’accomodante ed infine la ribelle del gruppo “intelligence del cervello”. Altro che CIA o FBI. Affabulanti invece certuni loro dirimpettai di piano per cui volterei subito pagina. Dove invece ci sarebbe da strappare una pagina dal book di questa storia, ciò sarebbe per celebrare uno dei primi miei mentor in reparto: icona di stile indiscussa nonché emblema dell’equilibrio fatto sostanza e della sostanza resa equilibrio. Qualche accenno andrebbe poi elargito verso gli “sprezzanti del pericolo” ma glisserei così come salterei a piè pari ogni commento su figure non strettamente incastonate nel team e pertanto n.g. come si suol dire sulle testate calcistiche che in fondo in fondo un po’ (anch’esse) m’appartengono. E per non dilungarmi davvero troppo (come mio stile ciarliero ahimè) sorvolerei su tante altre profilazioni giovani e/o più adulte che con sorrisi e odierni scambi culturali ho imparato ad apprezzare.
E rituffandomi invece nel mero racconto ricorderei tanti giorni in cui volevo che fossero quei numeri impietosi a crollare e non le mie energie.
Giornate pur tuttavia sempre affascinanti (a modo loro) per via di quel latente tocco tra l’assurdo e l’incredibile, con un sottofondo musicale che ci appariva quale una storia che si stesse facendo beffe di Noi. Di quella rock-band cosmogonica in cui poter ciascuno sviluppare lunghissime e larghissime vedute. Envisioning continuativa. Ispirazioni (per fini migliorativi) stile settimane-Kaizen…
Un’atmosfera fra avventura e scompiglio in cui tante volte mentre mi dirigevo verso l’aula dipartimentale a radunare le idee drenavo energie da un percepito che mi stava via via piacendo sempre più. Mi sembrava di vivere il flash-back di una vita professionale ideale in stile super-mega campus americano. Ripercorrevo quindi a ritroso tante scene di film, fiction o frasi di libri che avevano affrescato le tinte nobili di una professione molto regale che, anche per via di chi di noi si era negli anni troppo presto arreso, aveva perso molto del suo abbrivio secolare.
Tre mesi. Lunghi o corti che siano, spesso mi hanno fatto riflettere su tutte quelle volte che, più o meno nel recente passato, mi sentissi anche un “grandissimo attore” benché troppo sovente col casting sbagliato.
Mi sentivo una sorta di personaggio alla Dino Buzzati, che provava ad esser distaccato ma difficilmente permaneva in una minima parvenza di obiettività.
Quel team ti ha davvero “piaciato” avrebbe detto con espressione molto teatrale, un mio conterraneo del secolo scorso.
Eh già…
Finalmente mi sentivo apprezzato appieno! Senza critiche inutili né idee e/o brutti e (forse) fuorvianti retro-pensieri di esser messo volutamente in disparte, in fondo alla lista di chi potesse e/o cosa potesse scegliere. Senza insomma alcuna concezione negativa.
Ed allora, ammesso e decisamente concesso, ero mosso da pulsioni sempre più incerimoniosamente “a-celebrative” di certuni habitat di provenienza.
La proto-tassidermia ossequiosa di schemi troppo distanti dalla mia filosofia si palesava ancor più satiricamente ai miei occhi.
Ma dovevo godermela con parsimonia. Poiché sarei prima o poi tornato ad una realtà differente. Certo ci sarei tornato ed anzi vi dico con certezza oggi, che ci tornerò con la seguente maturata visione:
Il tempo è più saggio di noi. Dentro esso c’è la storia e dentro la storia le vicende degli esseri umani che hanno spesso un’imprevedibilità nonché incompatibilità con altre. Ma anche quando nascono quasi per caso, finiscono per incidere molto profondamente.
Tutto ciò accade perché come scrissi tempo fa sul blog: la storia ha dei momenti inarrivabili. Ogni storia. E celebrare come stasera, quelle senza eguali e con in mano le chiavi della porta del tempo, sono un vivido atto liberatorio senza pari!
Last but not least. Lo story-teller della presente pagina avrebbe ancora la mano molto ispirata e magari potrebbe sull’increspatura del mare dipingere un ultimo tramonto meraviglioso (almeno per ora) che a buon bisogno sarebbe evocativo della
grazia sotto pressione
la caratteristica che tanti dei miei nuovi amici, in simbiosi col Gianni Rivera, mi hanno letteralmente inoculato minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno…
Facendomi capire che da un mood in cui la felicità era appaltata alle circostanze dovessi transitare in una visione completamente nuova, appaltando il tutto al mio angelo custode che vedendo e provvedendo, in quel ruvido contesto con le serate in solitudine, mi ripeteva che stessi facendo la cosa giusta e di tanto in tanto mi regalava sorrisi nascosti…