Un avverbio che identifica una speranza ma spesso a sproposito nel comune parlare viene usato.
Una riflessione suscitata da chi ha le stimmate del “tanto-suola-e-tacco”. Una riflessione che ha il sapore della mia più intima essenza in giorni in cui il mio #alwaysON non mi sembra dar tregua.
Del resto come dicevo poco giorni fa è quasi ovvio quando si raggiunga la maggiore età…
Scorrono le parole e sale il mistero, ma chi mi conosce lo sa!
Maggiore età perché il 9 di Luglio ne ho festeggiati 18 dall’allora mia Laurea. Di quel giorno, felice, rimangono video e foto e soprattutto ricordi anche di chi non c’è più come mio zio Gianni. I ricordi sono un po’ una mia ossessione positiva. Mi crogiolo spesso in essi anche se sto diventando un uomo che sogna sempre più la sostanza delle cose e sempre meno la narrazione…
Certo, trascurare la mia creatura ovverosia il blog sarebbe fin troppo sacrilego. E purtroppo l’ho fatto eccome negli ultimi tempi. Mille motivi. Un anno tostissimo non soltanto per la pandemia. Proprio di questi tempi un anno fa a margine di una cena in un posto che “amavo” e che evocava ricordi dolci, l’amara realtà sbattuta in faccia.
Forse perché come mi ha “accusato” di recente Colei che si rinnova nell’esser sempre se stessa sono un uomo #inaffidabile. Come a dirmi anche che mi sia capitato un qualcosa di bello fra le mani ed io abbia dimostrato un assente pollice verde con gli affari della vita.
Transeat.
Avrò modo anche con mezzi dell’era digital di fornirle la mia versione e farla capitolare alla sua reale. Per ora, meglio continuare a pettinare la lingua italiana lungo numeri e ricordi.
Numeri come l’11 che nel Luglio (7) 1982 ci fece gioire a squarciagola per il tricolore. E la storia che ha dei momenti inarrivabili ha voluto scriverne un’altra di pagina da urla, gioie e sorrisi (nemmeno troppo nascosti) in tale data, regalando alla mia e alle generazioni più giovani quel tassello di vittoria spesso sfiorata.
Campioni d’Europa grazie a tanti veri uomini liberi. Liberi dal cliché di dover interpretare nel quotidiano dei ruoli. E come me, MAGARI, desiderosi di esser uomini ricordati nella storia un po’ come quelli con il coraggio di parlare per chi non ha voce: farsi beffe del mondo e dei luoghi comuni, non usare nemmeno la parola e ricorrere solo a un gesto o all’estrema capacità di analizzare la vita con l’esperienza e la consapevolezza credo sia
l’apoteosi
la vera esultanza, il vero gol, la vera gioia
e da quel momento in poi, che ogni frase sia sopraffatta dall’emozione…MAGARI!