Un vero leader sa e sa fare ma è privo di inutili ghirigori e ricami mentali. Un vero leader lavora con spirito ingegneristico, gestionale. Un vero leader ha il giusto pizzico di umanità ed umanizzazione. Egli sa responsabilizzare e responsabilizzarsi. Un vero leader è tutto ciò e molto altro ancora…
Oggi la verità è che abbondano figure maldestre a capo di qualsivoglia contenitore ed i veri “eletti meritevoli” finiscono nel dimenticatoio. Ma spesso la colpa è degli stessi ultimi perché non hanno la voglia, le forze e la capacità di rompere gli schemi al di là di steccati di sterile orgoglio mentale. Ed è quindi proprio in un simile scenario che è necessario agire per creare e generare una nuova classe dirigente.
Il compito non è facile ma nemmeno troppo arduo laddove si ragioni con raziocinio e si parta da piccoli e pochi concetti base. Primo fra tutti: le persone e la valorizzazione delle stesse ognuna nel proprio precipuo ambito e attitudine. Da ciò poi il nocciolo della questione va focalizzato sul metodo, concetto spesso lontano dai background culturali italiani ed invece molto più parte del mondo anglosassone, spesso da noi copiato anche a sproposito, ma non in questo caso. Quindi, persone e metodi che devono gioco forza “dialogare” tra loro e interagire a buon bisogno con la quarta dimensione mai trascurabile del tempo.
Come vedete, pochi elementi, chiari e schematici da mandare a memoria e far propri in una sorta di vademecum tascabile del piccolo leader saggio.
Saggezza, che essa stessa, diventa tale ed assume coscienza d’esser quando si alimenta opportunamente alle sorgenti dell’elaborazione culturale e trae il nettare dall’imprescindibile formazione che tutti noi, leader in provetta, auspichiamo.
È ovvio, comunque, che non si possa prescindere da doti innate genotipiche che si appalesano fenotipicamente solo allorquando giustamente ed opportunamente condite con gli ingredienti di cui sopra. Basta poco che ce vò! Recitava una pubblicità qualche annetto fa, ma ben si sposa al discorso odierno.
Chiunque può provare a render manifesto il fenotipo vincente attraverso il pragmatismo, la capacità di responsabilizzazione e valutazione dei progetti/operati al di là di mere dinamiche verticistiche, dando quindi il giusto merito e peso al gruppo di lavoro. È qui, infatti, che si gioca un’altra partita cruciale e funzionale alla riuscita del vero leader: bisogna saper dare (avendone la capacità) il giusto spazio ai membri del proprio team; ciò permette di non dipendere da terzi per chicchessia e consente altresì di misurare e misurarsi. Concetto valido in ogni ambito relazionale ma ancor più in sensu strictiori a livello associazionistico-politico. In un tale agone, non si può prescindere da chiari riferimenti a culture politiche; bisogna ovviamente lavorare con merito (senza troppe pretese) ma è lapalissiano che un minimo di riconoscimenti vadano dati e mai si deve fornire neanche solo l’impressione che le decisioni importanti siano prese da pochi eletti ed in luoghi distanti.
Solo così si arriverà al traguardo sopraffino della leadership, traguardo da raggiungere come abbiamo visto con pochi fronzoli, senza troppe cineserie ma ovviamente è tacito che si debba anche un minimo educare alla complessità per il lungo termine.
Solo così saremo leader veri senza pesanti architravi concettuali ed inutili voli pindarici, leader in tutto e per tutto, senza se e senza ma.
La linea è tracciata. Sta a noi coglierla e somministrarla come pillola del giorno prima alle Classi Dirigenti del futuro.