Scegliere non è facile e presuppone tante fondamentali qualità: preparazione, cultura, guizzo, coraggio…
A prima vista potrebbe sembrare però che simili fondamenta siano in realtà semplici da reperire nel mondo iper dei nostri giorni: ipertecnologico, ipersocial, iper…iper…
Ed allora come mai nelle nostre vite spesso, anzi molto spesso, l’inutile riempie il vuoto e ci sembra divenire necessario?
Tale quesito è per caso l’intro promozionale di un corso di lezioni di esistenza impartite da filosofi e psicologi da strapazzo?
Forse.
Ma soprattutto vuole muovere le occasioni verso l’opportunità di una congiuntura in cui riflettere e porsi domande. E del resto, basta poco per farlo: un angolo con un divano a parte tutto per te dove coltivare la tua ecologia lessicale oppure un bosco che ti pervada al massimo fin dove non ci sia più margine.
Un viaggio che purtroppo o per fortuna non consente scorciatoie: tu non sei il tuo lavoro, i tuoi hobbies in cui ti getti e ti affanni per cancellare pezzi che ti appartengono seppur tu non li senta (più) tuoi. Anche i moderni social-networks, spesso e volentieri mezzo di evasione più che di condivisione sociale reale appaiono inermi di fronte alla vera necessità di prendere di tanto in tanto un appuntamento con noi stessi.
E’ vero che nel mondo moderno dell’apparire sfrenato e plastificato il cemento del successo copra sovente le innumerevoli lacune che si trovano sui nostri cammini. Ma occorre non confondere l’entusiasmo con la leggerezza.
C’è chi sposa un uomo o una donna che ha già smesso d’amare prima di cominciare forse perché nella pigrizia della comoda routine ha scorto un ingannevole senso di sicurezza e dominio dato dal contesto più che dal contenuto. Pur tuttavia così facendo ci accorgiamo frequentemente di avere un radioso avvenire nel nostro passato…
Ma allora quovadis?
Non dobbiamo limitarci su strade e binari rigidi e precostituiti. La percezione della vita va a volte e forse più volte anche sconquassata con un lento ma inesorabile lavorio negli interstizi e nelle terre di confine: non è il mezzo ma l’uso che ne facciamo che funge da spartiacque, qualunque esso sia.
E pertanto come contraddirmi se affermo con forza che anche i fiori piangono benché noi tutti crediamo sia la rugiada che al mattino li risveglia dal torpore e gli stenti precedenti. Ma dunque se è vero ciò è pur’anco vero che sia possibile vedere (quasi) risorgere un individuo tratto fuori da una cultura perdente e messo in una liturgia vincente.
Serve soltanto che ci sia un altro individuo, che a tanti piace definire angelo custode, che possa fare la differenza anche semplicemente attraverso un minimo apporto, una sorta di cessione del quinto motivazionale e apotropaica che sappia rastrellare le irripetibili coincidenze che rendono speciali i momenti.
Il resto è un di più che se analizzato troppo in fretta ci potrebbe far ricadere nelle tenebre. Il resto potrebbe non modellarsi mai. Il resto è ciononostante l’anabasi che mette in connessione punti in apparenza sideralmente lontani, tasselli del fittissimo mosaico dei nostri pensieri, a cui non dobbiamo dare per forza un nome e cognome altrimenti ci tornerebbero le paure ed i timori di un’infinita attesa inquieta. Un film, che dopo gli iniziali titoli che inalveano e disciplinano l’effervescenza dell’inizio, sembra con la sua stessa grandezza intimorirci…
Lasciamoci quindi soltanto trarre in salvo da quell’energia, pur essa inquieta ma veramente salda, che il nostro “salvatore” emozionale con una battuta, una frase, un messaggio ha saputo tirar fuori da quel guscio a metà strada tra il nulla chimico e il vuoto torricelliano. Un guscio che ci aveva portati ad aspettare l’alba sulla costa sbagliata mentre ora è giunto il tempo di fissarlo negli occhi e rialzarsi poiché il suo sguardo mantiene molto più di ciò che promette!